Filcams Cgil del Trentino

Contro tutte le precarietà

Lunedì 1 marzo. Sciopero per la dignità

La Filcams Cgil del Trentino ha proclamato lo sciopero per lunedì’ 1 marzo 2010 per tutti i lavoratori e le lavoratrici del settore del commercio, del turismo e dei servizi.
Uno sciopero per dire con grande chiarezza e determinazione che non possiamo accettare che da parte delle aziende venga utilizzato lo strumento della precarietà e del permesso di soggiorno per peggiorare le condizioni di tutti i lavoratori.
Quindi quello del primo marzo è uno sciopero contro tutte le precarietà nel lavoro e nella società, uno sciopero per ridare dignità al lavoro di tutti, italiani o immigrati che siano, per costruire una società dell’accoglienza, della tolleranza e del rispetto.
Noi siamo convinti che le precarietà, come le forme di razzismo, minano alle fondamenta la democrazia e i principi fondanti della nostra Carta Costituzionale che poggiano sul diritto ad un lavoro dignitoso, all’equa retribuzione ed escludono ogni forma di discriminazione sociale, religiosa, politica ed etnica.
Questi sono i motivi per cui la Filcams Cgil del Trentino aderisce all’iniziativa europea contro il razzismo e al fine di tutelare la partecipazione di tutti alle iniziative programmate per quel giorno ha indetto lo sciopero provinciale.

L’appuntamento è per lunedì 1 marzo 2010 ad ore 10,00 davanti all’Ospedale S. Chiara di Trento per un presidio simbolico contro le ultime leggi “razziali” in materia di “sicurezza” varate dal Governo.

La Filcams Cgil del Trentino

Trento 25 febbraio 2010

26 febbraio 2010 Posted by | Comunicati Filcams | , , , , , , , , | 1 commento

Unifarm: dimentica chi lavora

unifarmaUNIFARM Spa
Si festeggiano i grandi risultati
ma si dimenticano i sacrifici dei lavoratori.

Interveniamo in merito al festeggiamento dei 39 anni di attività che l’azienda Unifarm Spa ha tenuto nelle scorse settimane presso le cantine di Mezzocorona. Dalla stampa apprendiamo l’entusiasmo dei propri amministratori per i dati di bilancio presentati all’assemblea dei soci e la capacità di reazione di fronte alla crisi, che toccherebbe anche il settore farmaceutico.
Il tutto rappresentato al meglio con una grande operazione mediatica attraverso un evento che avrebbe visto la partecipazione di oltre 1400 persone tra soci e dipendenti.
Non intendiamo discutere i numeri presentati e la capacità commerciale ed industriale dei manager di Unifarm Spa e siamo lieti di aver conferma del buon stato di salute del gruppo farmaceutico in un periodo sicuramente difficile per l’intero comparto ed in generale per tutta l’economia.
Però avremo preferito che questo entusiasmo e questa positività fosse stata presente negli ultimi periodi anche nei tavoli di confronto e contrattazione sindacale. Confronti che hanno sempre visto la dirigenza affrontare le diverse problematiche lavorative presenti attraverso relazioni improntate alla parsimonia, fortemente attente a non sbilanciarsi relativamente al costo del personale ed ai suoi diritti. Condizioni contrattuali collettive ben lontani dalla media presente in altre aziende delle stesse dimensioni del nostro territorio che purtroppo non sono in grado di presentare le stesse situazioni di bilancio.
Rendiamo noto che le scelte industriali intraprese dalla dirigenza sono frutto di una costante e completa abnegazione dei lavoratori, che talvolta hanno dovuto scegliere il lavoro sacrificando il proprio tempo libero o la propria famiglia.
Una gestione che si vanta di gestire oltre 500 dipendenti con un approccio famigliare, dove determinate soluzioni a problemi anche individuali hanno risoluzione in base alla singola fedeltà e disponibilità dimostrata.
Un ambiente che ha diviso i lavoratori tra fortunati con determinate turistiche (a turno unico alternato tra mattina e pomeriggio) ed altri meno fortunati che operano ad orario spezzato (che occupa l’intera giornata). Dove a richiesta di alcuni lavoratori di passare a turni più agevolati, anche se era organizzativamente possibile, i manager hanno rifiutato o proposto il passaggio a riduzioni d’orario quindi di retribuzione.
Ricordiamo inoltre che un investimento fondamentale per affrontare le nuove sfide di mercato di Unifarm è stata la costruzione e la messa in opera del nuovo magazzino. Anche qui sottolineiamo che ha comportato un aumento considerevole di ore straordinarie (circa 20.000 ore) che hanno visto nell’anno passato solamente un minimo ed insufficiente riconoscimento economico, oltretutto a seguito di pressioni e raccolte firme dei dipendenti.
Da pochi mesi abbiamo siglato il Contratto Integrativo Aziendale e, nonostante le nostre critiche, anche in questo caso i lavoratori hanno scelto democraticamente nelle assemblee svolte di accettare futuri aumenti unicamente legati all’andamento aziendale ed ai suoi risultati. Ancora una volta è prevalsa la logica esposta e pubblicizzata dai manager di puntare al futuro e come in ogni grande famiglia tutti dovevano rinunciare a qualche pretesa di certezza.
Però grida allo scandalo che a seguito di queste filosofie di rinuncia per il bene della famiglia Unifarm, ormai patrimonio culturale della maggioranza dei dipendenti, si sia tenuta una celebrazione principesca alla reggia delle cantine di Mezzocorona con un’enormità di invitati, dove crediamo ci sia stata una spesa ingente. Ai lavoratori si è chiesto di rinunciare a certezza salariali per anni, di continuare a farlo nel futuro, il tutto in nome della sopravvivenza e invece apprendiamo che i soldi per magnificare le grandi doti commerciali dei manager Unifarm Spa.c’erano.

la Filcams Cgil del Trentino

Trento, 5 giugno 200

6 giugno 2009 Posted by | Comunicati Filcams | , , , , , , , , , , | Lascia un commento

Allarme rosso:trattativa misteriosa

trattativa1La vecchia talpa in questo caso non è il movimento operaio, ma il capitalismo. Che più si aggrava la crisi, più scava sotto le fondamenta dei diritti e delle garanzie sociali.
Cresce il degrado del lavoro, con il dato impressionante degli infortuni mortali che avvengono allo stesso ritmo dell’anno scorso, nonostante la caduta dell’occupazione e il dilagare della Cassa integrazione. Chi lavora, lavora per due e si infortuna per tre.
Ovunque le imprese usano la drammaticità della crisi per presentare a sindacati e lavoratori richieste di peggioramento delle condizioni di lavoro, di limitazione dei salari e dei diritti, che solo pochi mesi fa erano nel loro libro dei sogni.
In questo quadro dovrebbe essere a conoscenza dei lavoratori la trattativa misteriosa che si sta svolgendo al tavolo confederale sulle cosiddette “norme applicative” dell’intesa del 22 gennaio. Si sono tenuti già diversi incontri, e altri ne sono, a breve, in programma.
Per chi si illudeva che l’accordo del 22 gennaio fosse un puro confronto di idee, la Confindustria chiarisce che le “norme applicative” di quella intesa dovranno imporre nuove regole e sanzioni adeguate per chi non le rispetta. Che gli aumenti salariali dei contratti nazionali dovranno essere calcolati sui minimi tabellari, che la flessibilità del salario aziendale dovrà essere assoluta, che le deroghe ci dovranno proprio essere e così via.
Addirittura pare che si prepari un trattamento di favore per i metalmeccanici, per i quali ci dovrebbe essere un obbligo di disdetta anticipata del Contratto che scade a fine anno, per applicare subito le nuove regole.
La Confindustria va a riscuotere con chi ha firmato quello che ha firmato e chiarisce che le piattaforme sindacali triennali, che magari cercano di ignorare l’accordo del 22 gennaio, ricadranno necessariamente sotto quella regolazione.
Il Sole 24 ore già da qualche tempo scrive che la trattativa sulle “norme applicative” è persino più importante di quella sui principi. Lo sappiamo perfettamente, nessuno fa un accordo senza pensare concretamente a come applicarlo.
È necessario che le lavoratrici e i lavoratori sappiano che la rottura che c’è stata il 22 gennaio è poco rispetto a quella che ci può essere di fronte al fatto che, azienda per azienda contratto per contratto, la Confindustria ne esigerà l’applicazione nel modo più rigoroso e brutale. Chi nella Cgil pensa che si possa voltar pagina e cancellare quanto è successo è destinato a ripetere sempre in peggio l’esperienza di questi mesi. La Confindustria chiarisce che non accetta terze vie. O ci si piega, o si lotta.

Rete28Aprile
Roma, 11 marzo 2009

12 marzo 2009 Posted by | Sindacato | , , , , , , , | Lascia un commento

Un serial killer chiamato profitto

Dodici operai morti in due giorni. Una vera strage degli innocenti che Governo e padroni (Marcegalia) vorrebbero far passare sotto il silenzio stampa. Sei lavoratori assassinati in edilizia, nei grandi cantieri dell’alta velocità o nei piccoli cantieri delle ristrutturazioni.
Gli altri sei lavoratori assassinati hanno perso la vita in un pozzo di una discarica genovese, nella tromba dell’ascensore o nell’agricoltura e questi morti hanno un comune denominatore: l’assenza di sicurezza e la mancata applicazione delle norme sulla sicurezza come sembra emergere dai morti nei pressi della stazione di Castello, alla periferia di Firenze.( Leggi comunicato Associazione Idra)
Dodici morti, uccisi da un serial Killer conosciuto a tutti e risponde al perverso meccanismo della ricerca del massimo profitto e della riduzione dei costi a spese del lavoro.
Questo serial killer, che con le sue stragi continue sconvolge migliaia di famiglie, è figlio del meccanismo dei subappalti, dove si risparmia sulla sicurezza e sul costo del lavoro e spesso si scelgono maestranze poco preparate e precarie. E’ figlio di questa filosofia imprenditoriale che approfittando della deregolamentazione del lavoro e sulla precarietà aumenta i carichi e ritmi lavorativi, genera insicurezza e mancato rispetto delle norme contrattuali e di legge. Questo modello sociale e politico (il berlusconismo) impegnato a garantire profitti e rendite al grande capitale finanziario non interviene a fermare questa catena di omicidi
Troppo spesso di dimentica che nei luoghi di lavoro si muore tutti i giorni dell’anno come dei condannati alla pena capitale o vittime di una guerra civile dove il “dio denaro” tutto precarizza e tutto mercifica, compresa la vita.
Si muore a causa di un lavoro reso servile a causa dei mille ricatti a cui è sottoposto dalle nuove e vecchie norme, trattato come merce a buon mercato, non ha diritto di cittadinanza e quindi nemmeno di essere conosciuto. Infatti restano senza risposta le domande di quanti si chiedono il perché questi lavoratori non erano imbracati ? O da quante ore lavoravano ? O perché non si riesce a sapere niente sulle condizioni di lavoro dentro i cantieri e nei subappalti?
Dodici morti in due giorni: una massacro. Ma questo Governo non ha intenzione di fermare questo serial killer, anzi, lo alimenta tramite le norme sulla detassazione del lavoro straordinario, la riduzione del salario reale , la cancellazione dei diritti e l’aumento della precarietà.
Un governo, che assieme a Confindustria, si scaglia contro la Cgil rea di non accettare le norme capestro sulla contro riforma della contrattazione che, oltre a cancellare l’autonomia del sindacato dalle imprese, riduce salari e diritti.
Forse anche per il sindacato confederale sarebbe giunta l’ora di andare oltre la rabbia e il cordoglio, per passare ad una forte mobilitazione generale capace di coinvolgere tutta la cittadinanza, in quanto la morte di un lavoratore, è un dramma per la sua famiglia.
Ezio Casagranda – Filcams Cgil del Trentino
Trento, 4 ottobre 2008

4 ottobre 2008 Posted by | Lavoro e precarietà | , , , , , , , , | 1 commento

Aumento dei prezzi e i rischi di recessione

Sono sempre più gli italiani che causa il caro carburante, le ridotte disponibilità economiche dovute alla continua crescita dei prezzi e dei servizi, ad un’inflazione che taglia i salari dei lavoratori che i rinnovi contrattuali non riescono a tutelare.
Insomma, la crisi economica non va in vacanza e a quanto sembra neppure molti italiani.
Infatti nell’ormai ex Belpaese sono in moltissimi a far fatica ad arrivare a fine mese. E allora, per preservare l’incolumità di portafogli sempre meno gonfi, a fronte di costi sempre più elevati, si taglia dove si può, anche in settori una volta considerati di prima necessità come i generi alimentari. Mentre l’inflazione corre e il carrello della spesa si svuota e le famiglie italiane cercano stratagemmi per riuscire, nei limiti del possibile, a mantenere inalterati i loro consumi.
La crisi, denuncia la Coldiretti, colpisce, in maniera pesante, anche la qualità della spesa alimentare e quindi cambia la composizione della spesa: meno carne bovina e poca frutta.
Se la Federconsumatori e le altre associazioni dei consumatori chiedono iniziative concrete per a sostegno del potere di acquisto delle famiglie italiane il governo risponde continuando sulla strada della riduzione della spesa sociale a partire della spesa sanitaria, avvia una pesante politica di privatizzazione dei servi e dei beni comuni che sarà pagata ancora una volta dai cittadini a reddito fisso. Ne è buona testimone la manovra finanziaria appena approvata che punta alla compressione dei costi e dei diritti come condizione unica per il rilancio dell’economia.
Decontribuzione dei premi variabili e alla detassazione degli straordinari vanno in questa direzione e Confindustria punta ad un accordo generale che sancisca anche contrattualmente ( vedi questione inflazione importata) a far pagare ai lavoratori i costi della crisi e l’aumento dei prezzi delle fonti di energia. Una finanziaria che punta alla politica delle grandi opere, dal ponte sullo stretto, al tunnel del Brennero, dal nucleare ai rigassificatori dimenticando volutamente che la nostro prima fonte energetica è il risparmio.
L’accordo separato del terziario segna un primo passo di una politica contrattuale tesa alla restituzione dei diritti e delle conquiste del secolo scorso. (il cosi detto “maltolto” del Brunetta pensiero).
E se negli ultimi 12 mesi mediamente una famiglia ha perso, come potere di acquisto, circa una mensilità, mentre per chi ha dovuto accendere un mutuo a tasso variabile, la media della perdita arriva a due mensilità, (dati Associazioni consumatori) Cgil, Cisl e Uil stanno cincischiando al tavolo della riforma contrattuale su qualche decimo di punto dell’inflazione programmata. Non solo ma anche i provvedimenti più odiosi del Governo in materia di diritti del, e sul lavoro, passano nel più assoluto immobilismo sindacale.
Davanti a questo disastroso sociale che avanza, quasi senza nessuna resistenza, non solo il rilancio di un nuovo protagonismo di lotta del sindacato ma anche la definizione di proposte alternativa in materia economica. Se le politiche che puntano sulla crescita infinita della produzione ormai mostrano la corda e sono le principali responsabili dell’attuale fase recessiva, forse, qualche ragionamento sulla decrescita, anche per il sindacato non sarebbe del tutto fuori luogo.
Ezio Casagranda
Trento, 6 agosto 2008

6 agosto 2008 Posted by | Lavoro e precarietà | , , , , , , , | Lascia un commento